“Quando da medico partecipavo a sedute formative al Cta di Castelfranco Emilia”: intervista all’europarlamentare modenese del Gruppo S&D Cécile Kyenge

On. Kyenge, lei, come medico, come politico e come residente a Castelfranco Emilia, conosce il Centro di terapia antalgica di Castelfranco Emilia e l’azione dell’associazione C.I.D – Curare il dolore. Come è venuta in contatto con queste realtà?

Certo che sì, il Centro di terapia antalgica di Castelfranco Emilia è un centro specializzato conosciuto non solo dai residenti del comune e della provincia di Modena ma anche a livello regionale.

Fino a qualche anno fa, quando operavo ancora nei centri ospedalieri e negli ambulatori del territorio, ho più volte espressamente consigliato a pazienti affetti da gravi sofferenze di rivolgersi a questo centro specializzato per l’ottimo servizio che il centro offre nell’alleviamento al dolore. E’ stato, inoltre, mio piacere partecipare in diverse occasioni a riunioni e sedute formative svoltesi all’interno del centro, durante le quali ho potuto constatare in prima persona la qualità del servizio offerto alla cittadinanza e la dedizione del personale tutto.

Il Centro di terapia antalgica di Castelfranco Emilia, dopo anni di impegno e lavoro su questi temi, si è imposto all’attenzione sovra-provinciale. L’associazione C.I.D – Curare il dolore si è fatta portavoce della richiesta di un riconoscimento regionale del ruolo assunto dal Centro e dai suoi operatori. Tecnicamente si parla per Castelfranco del riconoscimento della qualifica di centro di secondo livello, punto di riferimento non solo modenese, ma anche per le province vicine. Conviene che sarebbe il coronamento di un percorso di esperienza e competenze di livello non solo locale?

Sarebbe non solo il coronamento di un percorso caratterizzato da professionalità ed abnegazione, ma anche e soprattutto il giusto riconoscimento ad un impegno costante e duraturo. E’ ormai di pubblico dominio quando sia importante il ruolo dei centri di secondo livello nell’approfondire le diagnosi e definire misure di cura antalgiche e palliative maggiormente adatte alle necessità curative del paziente. L’aspetto di personalizzazione delle cure dimostra non solamente la flessibilità di questo Centro ma anche le grandi competenze di tutto il personale, frutto di anni di esperienza che hanno anche portato alla definizione di una offerta terapeutica variegata ed efficace. La decisione e l’impegno assunti dall’Azienda sanitaria provinciale per definire e attivare una rete territoriale per la terapia antalgica a supporto dei cittadini di tutto il territorio è altrettanto importante e renderà efficace il sistema delle cure e della prevenzione al dolore.

In Italia non è ancora molto conosciuto il diritto del cittadino-paziente a non soffrire inutilmente, seppure sancito da una legge del 2010. C’è sensibilità a livello europeo su questi temi?

La legge 38/2010, “Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore”, è una conquista di civiltà che è importante conoscere e far conoscere. Possiamo, nonostante le difficoltà divulgative esistenti, essere orgogliosi del lavoro che da oltre venti anni le associazioni di volontariato e le organizzazioni del terzo settore svolgono nel contesto delle cure palliative. Sul fronte politico, in Italia quanto in Europa, il discorso sui temi del miglioramento delle condizioni di vita dei pazienti e della separazione del dolore dalla malattia assume una posizione centrale, ma necessita di ulteriori attenzioni. Questo tema è presente nelle legislazioni degli Stati membri dell’Unione europea ed è interessante vedere come ognuno può avere un approccio diverso alla terapia contro il dolore pur sempre mantenendo attenzione primaria alla dignità individuale degli assistiti.

Gli italiani, in passato, sono sempre stati tra i più ferventi sostenitori della costruzione europea. Negli ultimi anni, però, complici la crisi economica globale e l’acuirsi del fenomeno migratorio, stanno prevalendo sentimenti di paura e la voglia di rinchiudersi nel proprio “cortile”. Sulla base della sua esperienza di europarlamentare, perché continuare a sostenere che l’Italia ha bisogno di “più Europa”?

Il nostro cortile è l’Italia quanto l’Europa. Confermo che fino a poco tempo fa, si è avuta la sensazione di veder prevalere il sentimento antieuropeo in Italia ed in altri Paesi d’Europa, come ad esempio in Gran Bretagna. Gli esempi a cui rifarsi tuttavia non mancano: in Germania la grande maggioranza della popolazione guarda all’Europa con crescente fiducia e le ultime elezioni del presidente della Repubblica francese, che hanno visto vincente Emanuel Macron, hanno mostrato che il malessere antieuropeo sta lasciando spazio a un nuovo sentimento positivo nei confronti della partecipazione europeista. Più Europa implica direttamente più Italia. Bisogna rallegrarsi del rafforzamento che insieme agli altri Stati membri si sta attuando in questo contesto mondiale così fortemente globalizzato. L’Europa rappresenta infatti migliori opportunità e soluzioni comuni a quelle che sono le grandi questioni mondiali. C’è tuttavia la necessità – e qui sottolineo il costante impegno della nostra delegazione democratica – di riuscire a parlare con una voce sola a livello europeo e comunicare un messaggio condiviso, anche nella prospettiva della realizzazione del sogno federale europeo. Il ritorno dell’unilateralismo americano con Trump e l’affermazione sulla scena internazionale di Russia e Cina impongono una cooperazione efficace degli Stati membri, in quanto nessun singolo Stato può essere forte e protetto al di fuori del contesto europeo. Quando si parla di globalizzazione si fa soprattutto riferimento a condizioni di mercato in cui i più grossi tendono a soffocare i più piccoli: ecco la ragione per cui l’Italia restando all’interno del sistema europeo può difendersi meglio, beneficiando dello scudo collettivo che l’Ue ha sviluppato per proteggere la propria economia. In tal senso, più sarà forte e compiuto il progetto europeo, più un Paese come l’Italia potrà godere della protezione dei propri spazi commerciali e godere di vantaggi quali l’allargamento dello spazio commerciale stesso, l’adozione di regolamenti con maggiori garanzie democratiche ed il rafforzamento del proprio sistema di difesa, cioè la pace.

Anche tra gli Stati europei si sta diffondendo un nuovo euroscetticismo e misure non in linea con la nostra tradizione democratica. Pensiamo a Brexit, ma anche alle chiusure verso l’accoglienza dei migranti del cosiddetto gruppo di Paesi di Visegrad o la procedura aperta nei confronti della Polonia e delle sue nuove leggi che mettono il potere giudiziario sotto il controllo dell’Esecutivo. Cosa sta succedendo?

L’Europa vive due tensioni che si contrappongono. Da una parte c’è un sentimento scettico nei confronti dell’Europa, che spinge pericolosamente i singoli Paesi all’uscita a causa del dilagare dei partiti populisti a vocazione sovranista i quali sfruttano una narrativa unicamente negativa attorno alla questione migratoria, terreno fertile per il prosperare delle loro opzioni. Dall’altra parte troviamo invece la stragrande maggioranza dei cittadini europei che sostengono l’Europa, riconoscendo spesso anche la necessità di attuare riforme per rendere più forte e univoca la voce dell’Unione e più capace di rispondere alle esigenze reali dei singoli cittadini e delle collettività. E’ privo di dubbio il fatto che la mobilità internazionale delle persone stia suscitando alcune inquietudini: non si tratta per forza dei migranti che provengono dal sud del Mondo, ma anche della mobilitazione dei nostri espatrianti. La Brexit è infatti da intendersi come rifiuto degli stranieri europei sul territorio britannico; i polacchi, i rumeni e persino gli stessi italiani che vivono nel Regno unito hanno costituito oggetto di rigetto da parte di coloro che votarono a favore della Brexit, e che oggi rimpiangono quella scelta scellerata.

Quali riforme e quali cambiamenti l’Europa dovrebbe attuare per tornare ad essere riconosciuta come motore di pace e benessere, ruolo per cui la costruzione europea è nata?

Potrà sembrare uno slogan contradditorio ma l’Europa necessita di più Europa per curare il male che la affligge. Oggi si discute di quello che sarà l’Europa del futuro, se si raggiungerà lo Stato federale saranno necessari dei passi in avanti a livello di cooperazione. Non sarà sufficiente l’unione monetaria, infatti l’Europa tutta si impegna ed auspica un processo di rafforzamento dell’unità e della democrazia al 2025. Unendomi alle parole del presidente della Commissione Juncker per me l’Europa è più di un semplice mercato unico, ben più del denaro, più di una valuta: è da sempre una questione di valori. L’Europa è, prima di ogni altra cosa, un’Unione di libertà. In un’Unione delle uguaglianze non possono esserci cittadini o lavoratori di seconda classe. Sarà difatti un punto fondamentale per lo sviluppo europeo, la costruzione di una industria più forte e competitiva che sia in grado, accompagnata da una politica economica efficiente, di aumentare le singole possibilità statali in ambito occupazionale. Questo permetterebbe la gestione in maniera più adeguata delle questioni legate alle migrazioni e all’asilo attraverso non solo opere di integrazione, ma anche mediante una buona gestione comune delle frontiere, seguendo i canoni di solidarietà ed equa condivisione degli spazi limitrofi comunitari.

Tornando a noi, pensa che l’esperienza del Centro di terapia antalgica locale possa essere messa a confronto con altre esperienze europee?

Data la mia appartenenza all’intergruppo dei medici al Parlamento europeo che si occupa attivamente del confronto sulle esigenze territoriali e della società civile, sarà mio piacere porre l’accento sulla questione e sull’importanza delle cure antalgiche e sull’ottima gestione che il nostro territorio propone con tutti i colleghi dell’intergruppo e con la presidentessa che, tra l’altro, é una collega italiana. Il vantaggio della politica comunitaria é proprio quello di proporre le eccellenze dei singoli Stati agli altri Paesi per aiutarsi reciprocamente a trovare e promuovere le strade migliori per il benessere collettivo.

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