La “fotografia” del dolore nella provincia di Modena

Il 29 maggio scorso, in occasione della Giornata nazionale del sollievo, il Ministero della Salute, in accordo con la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome e con la Fondazione nazionale “Gigi Ghirotti”, ha promosso la distribuzione di questionari nei luoghi di cura per provare a capire l’estensione della sofferenza da dolore e la conoscenza dei diritti che i cittadini hanno in materia. Nel modenese, grazie alla fattiva azione dell’Azienda Usl, sono stati raccolti ben 1448 questionari  compilati da pazienti, familiari o operatori sanitari, con l’esclusione dei questionari che riguardavano il tema delle cure palliative. Si tratta di una mole di dati importante e inedita che l’associazione C.I.D. – Curare il dolore si è candidata ad elaborare e che è stata resa pubblica, per la prima volta, nel corso del convegno “Chi si occupa del tuo dolore”. La stragrande maggioranza di coloro che hanno risposto (95,3%) è rappresentata da cittadini residenti in Emilia-Romagna, mentre il restante 4,7% proviene da diverse regioni italiane, compreso uno straniero. Ad aver risposto sono state in prevalenza donne (52,8%), anche se nutrito è pure il campione maschile (47,4%). Chi era ricoverato nelle strutture modenesi il 29 maggio scorso? Quasi il 50% del nostro campione aveva più di 70 anni, un dato significativo di cui si dovrà tenere conto nell’elaborazione di servizi e risposte adeguate. Ma c’era anche un 31,6% di persone con un’età compresa tra i 50 e i 70 anni e un 18,8% di più giovani sotto i 50. Oltre la metà del campione (53,3%), ben 845 pazienti, dichiara di avere dolore, la cui intensità viene collocata al di sopra della metà del classico strumento di misurazione, ovvero la scala del dolore che, com’è noto, va da 0 a 10. Non solo è un dolore non lieve, ma è anche un dolore persistente: in percentuali similari, superiori al 16%, le persone intervistate dichiarano di avere un dolore che persiste da più anni (16,3%) e addirittura da più di cinque anni (16,7%). Cosa hanno fatto? La metà del campione si è rivolta al proprio medico di famiglia: nel 40,2% dei casi gli sono stati prescritti farmaci, solo nel 13,5% dei casi il paziente è stato indirizzato a un centro di terapia antalgica. Una percentuale bassa soprattutto se comparata al racconto di dolori così persistenti la cui durata è catalogata addirittura in anni. Nel rapporto tra dolore cronico e sesso del paziente, i dati ci dicono che sono soprattutto le donne a lamentare la presenza di uno stato doloroso, con prevalenza, inoltre, tra chi ha un basso tasso di scolarità. Sembrerebbe, ma solo ulteriori dati potranno dimostrarlo, che a un più alto tasso di scolarizzazione corrisponda una maggiore possibilità di avere conoscenza e di conseguenza accesso alle terapie a disposizione. Interessante notare come, tra chi ha risposto al questionario, solo il 34,1% conosce la legge del 2010 che stabilisce diritti dei cittadini e organizzazione dei servizi per la cura del dolore (si veda tabella grafica qui a fianco) così come è alta la percentuale di coloro che non conoscono le possibilità terapeutiche offerte dai farmaci oppiacei e chi li conosce formula, comunque, timori sul loro uso (si veda tabella allegata). Questi due ultimi dati testimoniano l’ampiezza di spazio di manovra per un’associazione come il C.I.D. soprattutto in tema di implementazione della quantità e qualità delle informazioni da fornire a chi soffre e alle rispettive famiglie. Come detto, i questionari sono stati diffusi in tutte le strutture della provincia: ospedali grandi e di medie e piccole dimensioni, case della salute e residenze socio-assistenziali. Le patologie dolorose sembrano essere “spalmate” in molti più reparti e situazioni di quanto, in un approccio sommario, potrebbe sembrare: non soltanto i pazienti dei reparti chirurgici lamentano di avere dolore, ma anche quelli dei reparti medici, compresi gli anziani delle residenze socio-assistenziali. Il fatto, poi, che in maggioranza siano persone anziane impone da parte delle strutture e delle istituzioni deputate un surplus di attenzione e di cura.

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