Intervista a Massimo Annicchiarico, direttore generale dell’Azienda sanitaria locale

1) Direttore, la cura del dolore è un diritto del cittadino-paziente forse non conosciuto a sufficienza da chi potrebbe e dovrebbe usufruirne. Eppure nel modenese si lavora da anni su questo ambito, abbiamo strutture dedicate e personale preparato. Quando è arrivato alla guida dell’AUSL modenese che situazione ha trovato?
Una situazione molto eterogenea, con punti d’eccellenza molto qualificati in assenza però di una rete che consentisse, a parità di bisogno, di garantire pari opportunità di accesso alle cure appropriate a tutti i cittadini dell’AUSL. La riorganizzazione della sanità sul territorio modenese ha avviato un percorso di grande cambiamento nel quale si è opportunamente collocata anche la costruzione di una rete della terapia antalgica a livello provinciale
2) Lei è stato uno dei partecipanti all’incontro, tenutosi in Regione, in luglio, in cui si è discusso del futuro del Centro di terapia di Castelfranco e pertanto della necessità di una progettazione provinciale per il contrasto al dolore, cronico in particolare. Che impressione ne ha ricavato?
È stata una importante occasione di confronto con le associazioni dei pazienti, e di condivisione della necessità che l’esperienza di Castelfranco, dove in una Casa della Salute si colloca un Centro di riferimento di alto livello per la terapia antalgica, coordinasse un progetto di più ampio respiro, rendendo disponibile la propria competenza sia per accrescere – attraverso lo scambio professionale – le competenze di altri nodi della rete, sia mettendo al contempo a disposizione dell’intera provincia i trattamenti a più alta complessità.
3) In seguito a quell’incontro, lei ha ricevuto l’incarico di costruire un progetto complessivo relativo alla rete territoriale delle cure antalgiche. Cosa ci può anticipare?
Entro i tempi previsti in quell’incontro (ottobre 2017) è stato definito dai professionisti dell’Azienda USL – con la partecipazione anche della AOU e dell’Ospedale di Sassuolo – un progetto di rete provinciale a tre livelli secondo il modello “hub and spoke”. La funzione hub di 3° livello viene svolta da un unico Centro che opera su due sedi, la Casa della Salute di Castelfranco e l’ambulatorio di terapia del dolore presso l’Ospedale civile di Baggiovara, mentre gli spoke – 2° livello – sono presenti presso l’Ospedale di Pavullo, l’Ospedale di Mirandola e il Policlinico di Modena. Il primo livello è quello più vicino alle persone, l’ambulatorio del Medico di Medicina Generale a cui si accede per una prima risposta diagnostica e terapeutica. La rete così costruita vede l’integrazione funzionale delle attività di terapia del dolore erogate da équipe di diverse discipline e professioni che operano in diversi contesti assistenziali con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita delle persone adulte affette da dolore – indipendentemente dalla causa che lo ha generato – riducendone il grado di disabilità e favorendone la reintegrazione sociale e lavorativa.
4) A che punto siamo nel percorso del progetto? Quali passaggi politici e tecnici devono ancora essere intrapresi prima della realizzazione pratica?
Il progetto è stato inviato in Regione nel mese di ottobre. A breve sarà presentato alla Conferenza Territoriale Sociale e Sanitaria della Provincia di Modena, che è la sede tecnico-politica deputata alla programmazione di livello locale. Il passo successivo sarà la progressiva implementazione del progetto da parte dell’AUSL e dei suoi professionisti. Il livello regionale valuterà se e come includere il progetto nella programmazione di propria esclusiva competenza.
5) Il Centro di terapia antalgica di Castelfranco Emilia si è costruito, negli anni, un ruolo centrale nel sistema sanitario locale, ma anche regionale, ed è divenuto punto di riferimento per tanti malati e le loro famiglie. Come reputa dovrebbe essere collocato nel sistema regionale di cura del dolore?
Il Centro ha certamente svolto e ancor di più dovrà svolgere un ruolo rilevante non solo nello svolgimento di attività cliniche complesse, ma anche nella formazione, nel trasferimento di competenze, nella innovazione e nel coordinamento dell’intera rete provinciale. La competenza del Direttore Generale di Modena però si ferma qui. La programmazione del livello regionale è materia di competenza della Regione medesima che valuterà nel modo opportuno, tenendo conto del sistema di offerta complessivo delle attività di alta specializzazione come quelle svolte dal Centro di Castelfranco.
6) Il Centro di terapia antalgica di Castelfranco Emilia non è più, come in precedenza, all’interno di un ospedale, ma di una Casa della salute. C’è incongruenza tra le due cose, un centro altamente specialistico all’interno di un complesso non ospedaliero, o la scelta è il frutto della naturale evoluzione del sistema?
Assolutamente nessuna incongruenza, anzi. Non vi è più una relazione univoca fra la complessità delle prestazioni erogate ed il contesto operativo in cui si svolgono. Se nel passato per molte attività – anche di tipo interventistico – l’unico luogo nel quale era possibile svolgere tutti i differenti trattamenti era rappresentato dall’Ospedale, oggi lo sviluppo delle Case della Salute è un’opportunità per avvicinare anche servizi ad alta complessità, o parte di questi, al naturale contesto di vita socio-sanitario. L’elevata frequenza di cronicità della “Malattia dolore” e il forte impatto e coinvolgimento delle strutture socio-sanitarie hanno orientato la declinazione del modello verso un hub provinciale che coniughi competenze tecniche di carattere specialistico-ospedaliero con le caratteristiche proprie di offerta dell’assistenza territoriale. A ciò si aggiunge il proseguimento delle attività su pazienti più complessi o con tecniche specifiche nel contesto ospedaliero rappresentato dall’Ospedale di Baggiovara.
7) In questi mesi, è stata presa una decisione importante, più volte richiesta anche dall’associazione di volontari che supporta, tra l’altro, il lavoro del Centro di terapia antalgica: è stato, finalmente, assegnato al servizio un terzo medico. Di cosa si occuperà e che vantaggi potrà apportare al servizio?
Il terzo medico sarà parte integrante dell’équipe composta da medici e infermieri che, oltre alle prestazioni più complesse che competono a un Centro di terzo livello, ha il compito di predisporre un programma di formazione e sviluppo sull’intera rete, lavorando su specifici livelli di competenza dei diversi professionisti coinvolti. Infine, è impegnato nella definizione di nuovi standard professionali sulla base delle buone pratiche attive sul territorio.
8) Da anni l’associazione C.I.D, Curare il dolore, si impegna per supportare i malati e le loro famiglie, per far conoscere il diritto alla cura e i servizi offerti sul nostro territorio. Quali possono essere i campi di collaborazione, per il futuro, tra l’Azienda sanitaria locale e l’associazione di volontariato?
La collaborazione è possibile a diversi livelli. Il principale è quello di collaborare con l’AUSL nell’identificare la aree di bisogno prioritarie e nel contribuire ad informare sulle opportunità di accesso fornite dalla rete, verificando che l’accesso stesso sia possibile in modo equo a tutti i cittadini con lo stesso bisogno, senza differenze, specie quelle collegate ai diversi territori di residenza dei cittadini. Il sostegno alle famiglie nel percorso contro il dolore inutile, il contrasto al pregiudizio che il dolore sia inevitabile e vada semplicemente sopportato rappresentano altri obiettivi comuni sui quali l’esperienza di pazienti può essere straordinariamente utile per orientare ed accompagnare altre persone, quando queste dovessero sperimentare la comparsa di quello che oggi non deve più essere una sofferenza da sopportare senza speranza di rimedio. La testimonianza positiva delle associazioni rappresenta in questo senso un contributo straordinario al percorso di cura ed assistenza.

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