Covid, l’attività del Centro di terapia antalgica non si è mai fermata

Intervista alla dottoressa Cristina Mastronicola, responsabile dell’hub regionale della Terapia del dolore di Castelfranco Emilia

Frequenti contatti telefonici, èquipe che si recano al domicilio dei pazienti impossibilitati a muoversi, visite ambulatoriali in presenza, coordinamento con i medici di base: l’attività del Centro di terapia antalgica di Castelfranco Emilia, coordinato dalla dottoressa Cristina Mastronicola, non è mai cessata anche nei momenti più difficili della prima e della seconda ondata della pandemia.
Attività che, svoltesi nel rispetto assoluto delle norme per il contrasto alla diffusione del virus, hanno consentito ai pazienti, afflitti da patologia dolorosa, di poter contare su di un servizio sicuro, competente e innovativo. L’ecografo e l’apparecchiatura per l’ossigenoterapia, donati dall’Associazione C.I.D – Curare il dolore, nel 2019 e nel 2020, sono in funzione (nonostante per la seconda non si sia potuta tenere, causa Covid, la cerimonia pubblica di donazione). Mentre, guardando al post-pandemia, l’auspicio degli operatori è quello di poter contare a Castelfranco su di uno spazio dedicato alle cosiddette “piccole procedure”, svincolato dalle necessità della sala operatoria e autonomo come orari e giorni di apertura. Di tutto questo abbiamo parlato con Cristina Mastronicola:

Siete stati uno dei gruppi più premiati dall’Azienda Usl per numero di contatti telefonici.

Sì, anche nel momento più duro del lockdown, abbiamo garantito continuità ai nostri pazienti con un monitoraggio telefonico costante. Secondo i dati raccolti, a fine novembre, avevamo effettuato all’incirca 850 telefonate.

Ma anche nella seconda ondata l’attività in presenza non si è comunque fermata.

L’attività quotidiana, a livello ambulatoriale – visite e controlli – l’abbiamo mantenuta. La situazione più critica, a cui però l’Azienda sta cercando di trovare soluzioni alternative, è quella delle procedure chirurgiche in day surgery, da espletarsi in giornata. E questo naturalmente ci mette in difficoltà perché non riusciamo a dare scadenze precise e non riusciamo a creare un percorso virtuoso per i malati che ne avrebbero necessità. Una situazione che naturalmente non è soltanto nostra.

E per le visite urgenti?

Stiamo sperimentando con l’Azienda una nuova modalità per le visite urgenti. Prima era il medico curante che mandava il malato con una richiesta di visita urgente al Cup e il Cup trovava spazi di conseguenza. Ora il medico di famiglia ha una fascia oraria nella quale ci chiama, noi rispondiamo e concertiamo con lui eventuali approfondimenti diagnostici o modifiche delle terapie o una prima visita.

Quando come regione siamo stati collocati in fascia arancione, voi avete incrementato anche i cosiddetti rifornimenti a domicilio, formula che avevate già sperimentato anche questa estate.

Noi, inizialmente, con il lockdown, cercavamo di raggiungere i malati che ne avevano necessità a domicilio. Quest’estate, con l’allentamento delle restrizioni, abbiamo continuato a recarci a casa di quei malati che avevano problemi motori o i malati più fragili, come quelli oncologici. Con l’autunno abbiamo di nuovo incrementato le visite a domicilio per i malati che sono inamovibili. L’èquipe, composta da un medico e da un infermiere, può andare per controlli, per prime visite o per rifornimenti dei presìdi. A fine novembre avevamo fatto in questo modo 220 interventi, non solo in provincia, anche verso il bolognese e il reggiano.

Ma resterà un servizio permanente, anche quando l’epidemia sarà meno stringente?

In effetti c’è un abbozzo di idea dell’Azienda di istituzionalizzare il servizio, perché risponde a precise esigenze. Ci sono cittadini che possono essere spostati dal loro domicilio solo con un’ambulanza. Sarebbe molto utile se potessimo essere in condizione di garantire continuità nell’assistenza domiciliare. Vedremo…

Cos’altro servirebbe nel futuro?

Avere a Castelfranco uno spazio per le “piccole procedure”, quelle che possono essere effettuate in ambito ambulatoriale. Questo migliorerebbe la nostra operatività garantendo la possibilità di utilizzare tutto l’arco della settimana, pomeriggi compresi. Se ne avvantaggerebbero i malati che così potrebbero avere risposte appropriate e tempi più celeri e permetterebbe a noi di essere più efficienti, più incisivi e più rapidi.

Sono in piena attività anche le apparecchiature donate dal C.I.D

Sì certo. L’ecografo è di uso quotidiano, per le infiltrazioni lo usiamo di frequente. La dottoressa Rosi ha appena terminato un corso per un migliore utilizzo dell’ossigeno-ozono terapia, in modo da avere ancora maggiori informazioni sulle modalità di applicazione. Anche questo apparecchio lo stiamo già utilizzando dalla scorsa primavera. Lo spazio dedicato alle “piccole procedure” consentirebbe anche di migliorare l’uso dello strumento, per interventi più mirati e approfonditi.

Con l’epidemia in corso si sono allungate le liste di attesa?

Enormemente. La presa in carico di un paziente non è solo la visita, la presa in carico di un paziente è una continuità sia di visita e informazioni che terapeutica, ma se non ho la possibilità di eseguire la terapia sono bloccata. I farmaci possono arrivare solo fino a un certo punto. Stiamo lavorando come se fossimo un ambulatorio semplice, ma la nostra struttura è molto più complessa. E non ritengo che sia solo un problema ora con il Covid, ma di prospettiva del ruolo futuro di un centro hub di terapia del dolore.

Cosa si sente dire ai suoi pazienti o a coloro che potenzialmente potrebbero diventare suoi pazienti in tempo di Covid?

Quello che possiamo affermare noi che siamo in prima linea tutti i giorni è che rispettando le corrette indicazioni – mascherina, igienizzazione delle mani, distanziamento, ventilazione e sanificazione degli ambienti – ad oggi (e facciamo tutti gli scongiuri del caso nel dirlo) non abbiamo avuto problemi di contagio. E’ giusto mantenere alta l’attenzione ed è opportuno seguire le indicazioni che ci vengono date. E’ una malattia per la quale speriamo arrivi quanto prima una soluzione, ma, in attesa del vaccino, è una malattia che va governata con il rispetto delle norme di prevenzione.Quello che possiamo affermare noi che siamo in prima linea tutti i giorni è che rispettando le corrette indicazioni – mascherina, igienizzazione delle mani, distanziamento, ventilazione e sanificazione degli ambienti – ad oggi (e facciamo tutti gli scongiuri del caso nel dirlo) non abbiamo avuto problemi di contagio. E’ giusto mantenere alta l’attenzione ed è opportuno seguire le indicazioni che ci vengono date. E’ una malattia per la quale speriamo arrivi quanto prima una soluzione, ma, in attesa del vaccino, è una malattia che va governata con il rispetto delle norme di prevenzione.

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